Visita Idoneità alla mansione specifica

Visita Idoneità alla mansione specifica 

I tipi di giudizi che il medico competente può esprimere e i provvedimenti che devono esser presi in caso di inidoneità alla mansione specifica.

Secondo il decreto legislativo n. 81/2008, il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche, può esprimere:

  • idoneità;
  • idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
  • inidoneità temporanea;
  • inidoneità permanente.
Rispetto al passato, oggi l'idoneità è strettamente correlata  "  alla mansione specifica "   e non, più in generale, al posto di lavoro e ciò presuppone da parte del medico competente una conoscenza dell'ambiente di lavoro.
I giudizi devono essere messi per iscritto, consegnati in copia al datore di lavoro e allegati alla cartella sanitaria e di rischio (art. 25, comma 1, lett. c) secondo i requisiti minimi di cui all'Allegato 3A. In caso di inidoneità temporanea, il medico deve indicare i limiti temporali di validità.
È possibile fare ricorso ai giudizi espressi, compreso quello formulato in fase preassuntiva, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo (art. 41, comma 9). Il ricorso va presentato all'organo di vigilanza territorialmente competente.
Riportiamo alcune osservazioni derivate dalla giurisprudenza in materia.

Informare per iscritto
Sempre in merito all'accertamento dell'inidoneità fisica del lavoratore la Suprema Corte ha affermato l'obbligo del medico competente di "informare per iscritto il datore di lavoro ed il lavoratore qualora esprima un giudizio sulla inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, esclusivamente quando questo giudizio sia formalmente espresso a seguito degli accertamenti sanitari preventivi e periodici di cui all'art. 16, comma 2, e non gli impone affatto (ed anzi semmai gli vieta) di comunicare al datore di lavoro anche le diagnosi ed i rilievi effettuati nelle ben differenti e distinte visite mediche effettuate a richiesta del lavoratore quando tale richiesta sia correlata ai rischi professionali" (Cassazione penale, sez. I, 1 agosto 2001, n. 33751, in Dir. e prat. del lavoro 2002, 503).
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